lunedì 5 maggio 2014

Qual'è il punto zero?

Parlando del processo democratico, dove si potrebbe situare il punto zero?

Sicuramente il processo democratico comincia dalle elezioni.
Non esattamente dal voto, ma prima.
Dall'offerta dei partiti, da come è presentata l'offerta, e dalle tecniche usate per convergere voti.
Li ci sarebbe da pensare su, ma è alquanto complicato interferire e aggiustare, perché non è regolando la manipolazione che l'essere umano diviene meno manipolabile.
Il massimo che si può fare è nella direzione di quello che si discute da tempo, e dove si sono già fatte delle regole (voto di scambio, etc.)

Per comodo allora il punto zero preferisco situarlo un poco dopo nel tempo, al processo delle votazioni.
Dove contribuisce particolarmente un fattore:
La percentuale di gente mobilitata.

Ma mi fermo per chiedermi, se il punto zero non sarebbero invece la scelta del sistema democratico.
Intendo democrazia diretta e democrazia rappresentativa.

E ora spiego anche, perché mi interessa il "punto zero":
Se vogliamo ripartire da zero, perché tutto il sistema funziona male, dovremmo cercare il punto zero.

Grillo e Casaleggio affermano che si risolve cambiano di sistema.
Ragionamento valido, perché in un altro sistema le reti clientelari dapprima non funzionano.
E devono ricostituirsi rispettando le nuove regole.
"Devono" non è obbligatorio. Ma se c'è la mentalità che ha creato le reti, non sarà certo il cambio di sistema che le annullerà.
Contrariamente alla convinzione di Grillo e Casaleggio, che sono fermamente convinti che con le altre poche regole che hanno escogitato, l'effetto è davvero quello di proteggere dalle corruzioni la democrazia diretta.
Li rielenchiamo per completezza:
1) Cambiare sistema democratico da rappresentativo a diretto partecipativo.
2) Nei limiti del possibile, rendere chiaro agli eletti che sono dei qualunque e che devono "ubbidire" agli elettori - tra l'altro tramite verifiche e recall.
3) Limitare i mandati a due.
4) Ridurre l'attrattività dell'incarico, riducendo gli stipendi.
5) Eliminare il finanziamento pubblico, per mantenere partiti poveri (probabilmente con l'introduzione di successive regole che limitano il finanziamento privato.

Di per se è un kit di regole, che sfascia parecchio il sistema.
Ma non tocca minimamente un particolare fatto:
Non "apre" il nuovo sistema alla verifica.
Costringe col metodo tradizionale, a giocare il gioco offerto, ovvero, il sistema di Grillo e Casaleggio ancora una volta è blindato contro il rifiuto.

Per questo ho buona ragione di affermare, che sia il sistema rappresentativo, che quello di Casaleggio, non partono da zero.
Partono dall'ignorare il dissenso e il rifiuto.
Pressappoco dal 25-30% di voti che prendono come accettazione, e aggiungono al resto dei voti.

Se si parla di azzerare, qualsiasi sistema deve offrire la possibilità del rifiuto alle proposte.
Il vizio di fondo quindi rimane.

E per le difficoltà e la tappatura di buchi ai quali saranno costretti Grillo e Casaleggio se avessero la meglio, insisto sul fatto, che conviene provare prima una semplice riforma del conteggio, che sarebbe un autocorrettivo pesante e molto meno avventuroso.
Diceva Twain, che se votare cambiasse le cose, non ce lo permetterebbero.

Mi permetto ragionare sul suo testo:
Nel processo elettorale che conosciamo, dovremmo identificare quei tipi di cambio che non piacciono a nessuno (neanche a Grillo e Casaleggio). Tra quelli ci sarebbero quei particolari cambi che cambierebbero le cose e ci darebbero potere invece di limitarci a accettare un programma e un gruppo di potere (faccio notare che non esiste luogo dove trovare pro e contro dei punti M5S e documentazione della loro stesura. Non mi è noto neppure che i famosi punti siano "aperti" alla revisione. "Partecipativo" quindi è fuorviante.)

Un cambio che nessuno vuole considerare è che all'astensione venga dato il potere di limitare il potere politico tramite riduzione di seggi (e di rimborsi, se è ancora il caso.)
La ragione è che a qualsiasi partito interessano solo i voti che riesce a ottenere, e poi le regole per rimanere in gioco (ovvero sbarramenti decisi in modo tale da tagliare gli altri e dare vantaggio a chi rimane), o vincere il gioco anche se non ci sono i numeri (premio di maggioranza).
Non interessa a nessuno invece ridursi il potere, ridursi i seggi, e permettere all'elettore di sbattere le porte in faccia.

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