martedì 14 gennaio 2014

Eredità in lingua straniera

Caro piccolissimo pubblico espatriato,

In America Latina ho conosciuto parecchi italiani nati fuori dall'Italia, incapaci di padroneggiare la lingua italiana.
Ho conosciuto anche tedeschi, certuni alla terza generazione nata lontana dalla Germania, ma con dizione tedesca perfetta.

Fin qui pensavo che fosse una questione di nazionalismo, che gli italiani sono più spreoccupati.

Ora invece mi turba un'idea:
Mio figlio è nato in Messico, ha sette anni, e ha appena fatto una scenata perché la maestra di inglese gli ha lasciato una dozzina di parole da imparare (pronuncia e come si scrivono) e molte le ha scritte male sotto dettato.
Si ribellava all'idea di dover praticare un anno per impararle.

Per evitare discussioni sterili l'ho congedato e messo a letto.

E sono rimasto a chiedermi, cosa fa un genitore, ossessionato dall'idea che morirà e mancherà alla sua discendenza, che è attratto dall'idea di condividere i pensieri e le preoccupazioni quotidiane di padre o madre in forma scritta da lasciare in eredità, per incrementare la possibilità di essere capito/a quando i bollori e gli ormoni si sono attenuati.
Condivisione che probabilmente sarà redatta nella lingua più intima, che nel mio caso è il tedesco e l'italiano, e che il figlio o la figlia non ha mai voluto imparare.

Quello che è certo è che al morto non fa più male niente, ma per qualche rampollo una situazione del genere potrebbe essere dolorosa.

Se finalmente vi sentite "toccati", mi fate sapere cosa pensate al riguardo?

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