venerdì 5 aprile 2013

Homo web

Prima o poi uno è costretto a trarre qualche conclusione, se sull'argomento i riflettori vengono puntati di continuo.

E così, per quanto riguarda la rete, cioè le interazioni tra persone su internet, dopo aver sentito diverse descrizioni che a volte mi sembrano avere la profondità psicologica e la logica dei cartoni animati Scooby Doo (o, per i lettori molto maliziosi, del libro di Mormon, che in certi passaggi mi ha ricordato scenografie e dinamiche da Scooby Doo), che non mi hanno illuso per neanche un secondo, e che non mi sono mai sembrate visioni (semmai storie male sviluppate di Disney di terza categoria - ma ci tengo a precisare che Disney ormai si sforza molto con le storie), finalmente comincia a tirare le somme.

La mia esperienza nel mondo virtuale di personaggi reali.
Cosa fanno i personaggi reali in rete.

Anticipo la risposta come fanno generalmente autori americani:
Si comportano molto peggio di quanto si comportano nel mondo reale.
Il mezzo di comunicazione lo usano come se fosse una distanza tra se e chi interagisce.

Lasciamo quelli che parlano di rete come possibile confessionale grazie all'anonimità che puoi mantenere.
È ovviamente possibile e alcuni in rete si spogliano di tutto.
Ma è una minoranza quasi insignificante.

L'uomo della rete invece è in rete comunica poco.
Fa monologhi come me. Si mette in scena.
Quando è una cosa sincera, la rete diventa il Dio al quale si rivolge la preghiera, ovvero l'altra parte di se stesso alla quale si dirige il dialogo con se stessi, la confessione personale.

Ma come dicevo, è un fenomeno trascurabile.
In rete statisticamente si vende.

E se lo si fa è perché è un mercato frequentato da compratori.

Mi muovo su internet dal 1990 e qualcosa. 1993 o 94, forse prima. Lavoravo con modem già dal 1989 (con 1200 baud) ma i ricordi di internet non risalgono fino a quella data.

Ricevo spam a palate ogni giorno, offerte losche dalla Nigeria, dal Ghana, dalla China, da tanti altri paesi. E ignoro quasi tutto.
Anche le lettere di cittadine dell'Ucraina che vogliono conoscermi perché mi hanno notato da qualche parte in rete (ma non sanno niente di me).

Eppure, quando un messaggio è indirizzato a me personalmente, e chi lo ha scritto vuole proprio parlare a me, mi comporto allo stesso modo come farei se una persona sconosciuta mi parlasse in un luogo reale.
Sarei impacciato, diffidente, ma risponderei. Mi farei vivo.

Invece noto con grande sorpresa, che se io scrivo a gente che non conosco, non mi rispondono.

L'idea del cafone mediatico mi ha sfiorato quando volevo trovare un elenco di ragioni, ma è una spiegazione alla quale non credo.
Per me la rete non da la sensazione di essere una piattaforma per interazioni umane. Tutto qui.
Se io mi imbatttessi nella gente a cui ho scritto, un qualche segno di risposta ci sarebbe.

L'uomo di rete è quindi una uomo fortemente filtrato. Uno che limita il dialogo perché non ci crede.

Io vorrei davvero sapere come dovrebbe funzionare un processo democratico affidato al web.

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